La Dieta: vita sospesa o centralità della salute?

La domanda può sembrare retorica. Ma nella pratica della vita di ogni giorno, stare a dieta anche nel campo comunque parziale del controllo ponderale, è divenuto sinonimo di privazione e sacrificio.

Questo perchè, nel momento in cui ci si impegna in un percorso dietologico il pensiero portante è sempre relativo al peso corporeo e non alla prevenzione e al mantenimento di uno stato di salute ottimale in cui possa rientrare anche il controllo del peso.

Il peso 'buono' è diventato sinonimo di salute. E questo vale spesso anche per medici e biologi nutrizionisti. Questa condizione di pensiero è invece da modificare.

 

Un peso corporeo adeguato non sempre infatti concerne una condizione di salute adeguata. Avere ad esempio un peso corporeo normale ma una massa grassa sovrabbondante rispetto alla massa magra e un metabolismo, consequenzialmente inefficiente, è condizione propria di molti regimi alimentari inappropriati che pure vengono proposti nel tentativo di raggiungere un certo peso corporeo che ci si prefigge come condizione di salute ottimale. Nel caso sopra citato i rischi cardiovascolari, metabolici e organici restano elevati. E ciò nonostante il buon peso indicato dalla bilancia.

 

Lo stesso si dica per l'intervento relativo al peso corporeo in soggetti che presentano patologie organiche o metaboliche che restano e devono continuare ad essere curate anche dal punto di vista nutrizionale nonostante il raggiungimento di una condizione ponderale più adeguata (diabete, insufficienza funzionale di organi vitali, dislipidemie, etc..).

 

Una indicazione dietologica deve infatti tener conto di moltissimi aspetti.

 

  • Innanzitutto la condizione metabolica e la composizione corporea dell'individuo devono essere chiaramente valutati. Percorsi dietologici che minano il metabolismo energetico della persona sono estremamente rischiosi e conducono spesso a problematiche di variazione ciclica del peso e a rischi patologici più evidenti.

L'adeguatezza di una prescrizione alimentare deve essere sottoposta a valutazione attraverso lo studio del metabolismo e della composizione corporea. Altrimenti si rischia di lasciare al Paziente un'eredità di variazioni cicliche del peso con le conseguenze patologiche relative.

Il peso corporeo è un problema di composizione corporea infatti, non di bilancia.

 

  • Quindi, in seconda battuta, bisogna sempre tener conto di eventuali patologie presenti e di quelle possibili per espressività e/o ripetitività familiare.

La Prescrizione alimentare deve quindi raggiungere l'obiettivo metabolico della buona salute pur mettendo in atto suggerimenti variabili a seconda della presenza o meno di patologie intercorrenti. Il che rende più complicato ma assolutamente più specialistico l'intervento medico.

 

  • Tutto questo non può però esimersi dalla valutazione anche di quelle condizioni sociali di vita (dalla condizione lavorativa a quella sportiva fino agli aspetti di convivialità), che sono vita obbligata per il Paziente, andare aprioristicamente contro le quali significa inficiare la compliance del Paziente stesso.
  •  A parte bisogna inoltre ricordare le condizioni psicoemotive, ansiogene o nettamente psicopatologiche di cui abbiamo parlato altrove ma che rivestono ormai compiutamente un ruolo essenziale nella valutazione del Paziente e nella scelta dell'intervento da proporre.

Fare una dieta non è quindi una cosa immediata e di poco spessore specialistico. La PRESCRIZIONE ALIMENTARE è al contrario un atto medico altamente specialistico e non può ovviare da un'attenta valutazione metabolica, organica e psico-sociale.